L’autenticità e le sue molteplici sfaccettature

In un post sull’autenticità partiamo dalla radice, e quindi dalla considerazione che questa rubrica blog Diario di bordo sia nata per raccontare le letture, i film e le canzoni che ascolto ogni settimana e che mi sono piaciute. Quindi quelle che non ho gradito non le scrivo per scelta, perché non voglio sprecare tempo per diffondere idee su quello che non mi piace.

Sin da principio è stata questa la mia scelta per creare un piccolo spazio di web autentico. Non manco mai di citare come sia palesemente ispirato a quella meravigliosa rubrica creata da Nick Hornby sul The Guardian e riportata in Italia dall’Internazionale in cui lo scrittore inglese parlava principalmente di libri e cultura pop. Non ho purtroppo la sua stessa verve unita a british humour ma cerco comunque di condividere idee che possano far riflettere.

Il post di oggi sull’autenticità parte dalla lettura di un libro di marketing #Contaminati di Giulio Xhaet che va a scardinare la classica concezione di come le aziende più innovative (e sgamate) di oggi non cerchino più esperti monosettore ma entusiasti multidisciplinari che provano passione per tante cose diverse (oltre quindi al solito percorso accademico con bollino di qualità e anni nella stessa azienda) e sono in grado di fare collegamenti di cui gli altri non sarebbero in grado. Dipendenti in grado di avere la famosa skill thinking out of the box che, ammettiamolo, non è per tutti.

A parlare per prima di questa teoria è stata Emily Wapnick con il suo celebre TED che ha fatto il giro del mondo (giuro di aver beccato una volta due sul tram che ne parlavano) raccontando la sua storia costellata di molteplici passioni. Del resto l’esempio più celebre di multidisciplinare è Leonardo Da Vinci con la sua capacità di mischiare arte e scienza come nessun altro ha mai saputo replicare. A quanto pare oggi si stanno diffondendo in Paesi esteri corsi di laurea in grado di mixare: se vuoi essere un artista devi conoscere bene anche l’innovazione e viceversa.

Questo cambia anche i profili che le aziende vanno a cercare. Ed ecco come il campo dedicato alle passioni assuma un ruolo ben diverso in grado di rivelare sul futuro dipendente molto più del suo percorso di studi canonico.

Autenticità è quindi anche rivelare le proprie passioni, quello che piace e convince e quello che invece proprio non sopportiamo. Ecco perché nell’epoca in cui siamo pieni di contenuti e di fake, è fondamentale precisare che c’è una bella differenza tra come siamo e come vogliamo apparire. Ma siamo sicuri che standardizzarci porti fortuna?

Essere autentici nell’arte

Forse dopo aver provato tante volte, scopriremo che essere semplicemente noi stessi è la formula giusta per stare su questo Pianeta. Mi viene in mente la Masterclass di Alicia Keys dove dice di ascoltare tanta musica, imparare le canzoni dei nostri artisti preferiti e inserirle nel repertorio. Ma avere degli artisti preferiti non vuol dire avere dei modelli.

Perché il mondo ha già avuto una Nina Simone e non ne ha di certo bisogno di un’altra. Per fortuna invece aveva bisogno di un’Alicia Keys e la sua autenticità, con il peso del suo mix tra musica classica ed emotività fusa a ritmi hip hop, l’ha resa l’artista e producer che tutti conosciamo.

Ancora di più mi viene in mente Norah Jones, che ha debuttato negli stessi anni di diverse colleghe pop star che avevano un sound completamente diverso. Mentre le major si chiedevano come le loro artiste potevano piacere al pubblico, con che vestiti, con che sound o con quali parole da mettere nei testi, Norah Jones è sempre rimasta fedele a sé stessa.

Non ha mai stupito i suoi fan mettendosi a ballare, com’era trendy all’epoca! Ma ha seguito l’evoluzione personale e naturale della sua musica che l’ha portata ad avere una carriera longeva che le permette di avere fan fedeli ed essere ancora in giro per tour mondiali.

Autenticità nei media

Allo stesso modo non c’è più spazio per la finzione nei messaggi che vengono condivisi nei media. E questo vale per i brand così come per conduttori o giornalisti. E a dirlo è forse la giornalista per definizione: Robin Roberts la conduttrice di Good Morning America,lo show più amato dal pubblico Statunitense.

In una Masterclass in cui ripercorre la sua carriera, tocca diversi aspetti delle sue diverse fasi che ricordano la multidisciplinarietà e raccontano di come sia poi arrivata al programma perfetto per lei. E come essere autentici in ogni situazione, anche nel gestire le interviste con rispetto e autenticità, possa mettere nelle condizioni di essere più vicini al lavoro dei sogni, che ci sceglierà e non saremo noi a scegliere. Utopico? Non lo so, però lo dice una giornalista che da decenni conduce lo stesso programma e ogni giorno va a lavoro col sorriso sulle labbra.

E non è poco 🙂

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