Nello stesso mese in cui ho finalmente completato la lettura di “Alla ricerca del tempo perduto” (no, non lo avevo ancora letto / sì, c’è voluto un mese per finirlo) e di cui parlerò soavemente nel post Diario di Bordo di fine luglio posso dire di aver trovato anch’io la mia esperienza mistica nostalgica. Come una madeleine proustiana che mi ha riportato ad un’altra epoca, Generazione 56K mi ha piacevolmente colpito.
Disponibile su Netflix dal 1 luglio, questa serie TV di appena otto episodi ha tutti gli ingredienti per diventare un cult dell’estate 2021. Con alcuni volti noti di The Jackal nel cast, una bella storia d’amore al centro e i paesaggi di Napoli e Procida, riesce davvero a raccontare una generazione contemporanea di trentenni attraverso il passato, rievocato dagli splendidi flashback e non solo. L’intera atmosfera ha un sapore lontano.
Quando c’erano ancora le lire, le cornette telefoniche spesso occupate dai genitori o familiari, gli 883 di “Nord Sud Ovest Est” e soprattutto lei, la 56k. Il modem di prima generazione con il suo suono inconfondibile di connessione che rievoca ricordi lontani. Pomeriggi ad aspettare la linea libera per potersi connettere a Internet, quel luogo astratto dove c’era tutto l’immaginabile. Google non esisteva ancora e questa cosa strana chiamata Yahoo sembrava avere tutte le risposte del mondo.
Volevi sapere quando usciva in edicola il prossimo numero di tutto musica? Volevi votare il tuo video preferito su TRL? Volevi sapere l’età esatta di David Beckham? Tutto era lì, dietro quel suono robotico che passava attraverso un filo nero con linguette in plastica trasparente. Per non parlare di Napster, Emule e tutto quello che poi avrebbe portato alla rivoluzione musicale dello streaming di oggi.
E forse la cosa che va celebrata è che noi trentenni in questi anni venti del nuovo millennio siamo gli ultimi ad aver vissuto in un tempo a metà tra un mondo prima e dopo internet, iperconnesso e pieno di informazioni. Gli ultimi giovani a sapere cosa vuol dire aspettare per avere qualcosa, prima di un click.
E proprio su questo aspetto nostalgico del tempo torna spesso Generazione 56K. Raccontare la rivoluzione rappresentata da internet ma attraverso il filtro di quell’epoca felice che erano gli anni ’90 dove il multiculturalismo si affermava sempre più dopo la caduta di muri di separazione. Ma soprattutto quando i tuoi genitori, i maestri a scuola e tutti intorno a te si preoccupavano poco dell’iper efficienza ma dell’insegnarti la difficile arte della pazienza. Forse perché non c’erano ancora app per quello. Le versioni di greco e di latino, i problemi matematici e i libri da finire erano un elogio all’aspettare e fare le cose bene e con calma. Siamo Generazione 56K perché i nostri amici più young (e più smart forse) sono la generazione WiFI, a banda larga e veloce. Come questi tempi frenetici.
Ma , come ci ricorda il telefilm, le cose belle hanno bisogno di tempo per maturare. E ogni tanto ce lo dobbiamo ricordare.
Ph: Generazione 56K – ANSA
Contatti: hello(at)stefaniabarbato.com o Instagram.