Il design (così come il design thinking) non è semplicemente una disciplina ma un approccio, un modo di pensare, essere e vedere il mondo. E forse non c’è domanda più difficile che una semplicissima richiesta di definizione: che cos’è il design? Perché quando parliamo di design parliamo di tantissime tipologie di discipline diverse. Analogamente i designer sono impiegati in tanti settori diversi ma possiamo definirli come professionisti che svolgono attività ponendosi delle domande. E per trovare una risposta a quelle domande devono avere un metodo di ragionamento, azione, un modello che possa essere la sintesi di necessità, idea e azione.
Chi disegna i prodotti è un product designer. Chi studia l’esperienza dell’utente è uno UX Designer. Chi studia l’interazione tra essere umani e app o siti internet è un Interaction Designer. Ci sono poi i modelli di ragionamento, come il design thinking o la parte più grafica di questa categoria professionale come il Visual o UI Designer. Tante figure diverse, tutte accomunate da una stessa caratteristica: il modo di pensare da designer.
Se spiegarlo a parole è difficile, magari può aiutare avventurarsi tra le mura della Triennale di Milano e fare un viaggio nel tempo, nella storia, nell’evoluzione di questa meravigliosa disciplina. Oggetti, progetti e descrizione raccontati attraverso la loro storia per capire esattamente chi sono i designer.
Il designer, per definizione, si occupa della realizzazione di un prodotto occupandosi di tutti gli aspetti necessari alla sua realizzazione proprio perché in grado di unire i puntini grazie alla sua conoscenza di molteplici discipline. Gli aspetti necessari vanno dalla parte tecnica a quella funzionale fino alla pura estetica.
La bellezza ricercata dal designer non è semplicemente fine a se stessa ma orientata alla funzionalità. Un esempio semplice per capire meglio il concetto è il Tratto Pen. Vi siete mai chiesti perché il cappuccio sia zigrinato? Per abbellimento e tratto distintivo, sicuramente ma anche per evitare che il pennarello rotoli sulle superfici e possa cadere giù dalla scrivania. Utile e bello quindi.
L’arte di progettare
Definire il design non è facile ma sappiamo che ci sono tre elementi certi: il problema, l’idea e il prodotto finale. Il filo conduttore è sicuramente il nostro modo di vedere e pensare mentre il percorso che dall’idea/problema conduce al prodotto finale è composto di diversi passi (The long and winding road, cit.) che sono racchiusi nel progetto. Progettare significa infatti pensare a tutte le fasi necessarie alla realizzazione di qualcosa.
If you can design one thing, you can design everything. Massimo Vignelli
Ricerca, idee e confronto. Nessun designer è un’isola ma piuttosto un pensatore che con un team di altri pensatori come lui si pone le domande strategiche per arrivare alla progettazione di un oggetto, un servizio, una scritta o forse un’intera città. Si parte dalle domande base, come ad esempio chi userà questo prodotto? Come lo utilizzerà? Che cosa desidera questa persona? Che cosa non desidera? Fino a scendere sempre più nello specifico per arrivare al dettaglio.
Un percorso che attraverso disegni e modelli condurrà al prototipo finale. C’è quindi una parte visual e grafica fondamentale per il design ma prima di arrivare a parlare di quella mi sembra doveroso soffermarmi meglio su cosa voglia dire pensare da designer.
Per definirlo riprendiamo il metodo che il grande designer Bruno Munari, di cui parleremo meglio nei post successivi, va ad identificare come il processo ideale per poter lavorare alla produzione di un oggetto.
Se l’artista progetta le sue opere con un approccio più orientato a trucchi come forze prospettiche, resa, effetti del colore e altro, il discorso è molto diverso per il designer. Egli infatti deve essere in grado di usare materie e tecniche per realizzare al meglio il suo progetto e quindi avere uno stile standard che possa essere una guida da applicare a seconda dei casi è fondamentale.
Il metodo di progettazione delineato è quindi applicabile in ogni situazione che preveda un atto di creazione si articola nelle seguenti fasi, proprio come in un diagramma di flusso:
- Enunciazione/identificazione del problema
- Identificazione degli aspetti, delle funzioni e dei limiti intrinseci nella sua realizzazione
- Disponibilità tecnologiche (con uno studio di settore per essere sempre all’avanguardia in tal senso)
- Creatività (artistica ma oggettiva, unendo tecnica e scienza)
- Realizzazione dei modelli (tra cui poter scegliere)
- Prototipazione
Questa enunciazione sommaria dei punti cruciali ci aiuta a definire meglio uno stile che risulta essere ancora oggi la base per il modello di progettazione più usato non solo per prodotti ma anche per servizi di innovazione in azienda: il Design Thinking.
Il Design Thinking sta cambiando il modo di innovare
Il design thinking sarà sempre più la risposta alle nostre esigenze di oggi come domani. Bill Gates ci dice che la tecnologia salverà il mondo ma ha senso chiedersi una semplice domanda: come?
Il digitale sta trasformando il nostro mondo ad un ritmo veloce ridisegnando confini, idee e possibilità ma la capacità di riuscire a sfruttarne il potenziale e le opportunità che offre è qualcosa di più. Non si tratta dell’essere legati ad un certo tipo di innovazione, logica o app: ci serve un approccio che ci renda capaci di unire i puntini, trarre vantaggio da quello che abbiamo capendo la sua portata ma anche i suoi stessi limiti.
Per spiegare meglio cosa intendiamo, partiamo dal primo capitolo di “Il verde e il blu” di Luciano Floridi. Il testo inizia dalla rivoluzione digitale come abilitativa di un mondo smaterializzato con meno vincoli e più opportunità
In questo contesto il digitale offre l’immenso beneficio di disegnare le realtà che ci circondano in una moltitudine di modi, rispondendo a vecchie e nuove domande. Un progetto mirato a organizzare, riorganizzare o creare l’innovazione quindi.
Come dice lo stesso professore di Oxford, “Attraverso il design plasmiamo una realtà sempre più malleabile. Nascono nuovi compiti, nuovi lavori e mestieri (…) Le opportunità per chi sa sfruttare il design del digitale sono strabilianti“.
Un approccio che ha diverse declinazioni. In particolare, il Design Thinking (nato ad Harvard) è quell’insieme di processi cognitivi, strategici e pratici con il quale realizzare la progettazione creativa di prodotti e servizi. Normalmente si distinguono 5 fasi
i. Empatizzare
Il processo di sviluppo del prodotto inizia con l’idea focalizzandosi sull’analisi delle esigenze del cliente, andando ragionare sul concetto di target e personas (identikit di clienti ideali, clusterizzati in base a categorie come sesso, fasce d’età, geografia, reddito, interessi e qualunque altra tipologia di informazione possa essere rilevante per la categorizzazione).
Empatizzare, infatti, significa condurre ricerche per capire cosa i clienti dicono, pensano o sentono. Li possiamo osservare, li possiamo interrogare, mettendoli nella situazione dell’utilizzo di quel servizio. Come il nome della fase lascia supporre, il nostro obiettivo iniziale è raccogliere abbastanza informazioni da poter metterci nei loro panni e capire bisogni e aspettative.
ii. Definire
Collezioniamo le informazioni raccolte precedentemente e le sintetizziamo in osservazioni che potranno guidarci nell’identificazione dei problemi centrali andando a riportarli come un obiettivo concreto di business.
Ad esempio, se abbiamo scoperto che il nostro cliente tipo non apprezza l’utilizzo dell’acquisto online ma noi abbiamo l’obiettivo di business di aumentare del 15% il fatturato annuale del nostro ecommerce, siamo davanti ad una correlazione. E quindi arriveremo a formulare la domanda centrale: Come possiamo migliorare l’esperienza dell’acquisto online per i nostri clienti in modo da aumentare del 15% il fatturato?
Con questa definizione del problema siamo pronti per la fase successiva.
iii. Ideare
Adesso i designer hanno tutti gli elementi per generare idee. Questa è la parte in cui è fondamentale la creatività e la capacità di “Think out of the box”, pensare fuori dagli schemi, identificando nuove soluzioni. Ci sono molte metodologie che possono favorire questo tipo di procedimento per rendere produttivo il brainstorming, utilizzando strumenti come i post it, i canvas, favorendo il pensiero collaborativo. O anche strumenti digitali come le tavole di Miro.
Molto spesso si pensa di avere già la soluzione perfetta ma questo sarebbe proprio la fine del processo di design thinking che invece raccomanda di no fermarsi mai alla prima soluzione e anzi, impegnarsi per trovare sempre nuove idee e collezionarle favorendo le più diverse opzioni in modo da avere più risposte per risolvere il problema.
iv. Prototipare
Come spesso accade, tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare. Ed ecco come andando a realizzare concretamente un’idea, creando un suo prototipo ci si accorge che non era poi così geniale come poteva sembrare sul piano teorico.
La fase di prototipazione è fondamentale per realizzare delle versioni base dei prodotti o servizi e analizzarne il concreto utilizzo. Versioni beta, disegni di progettazione, modelli basi: nulla di elaborato ma in grado di rendere tangibile quello che si è raccontato a voce. Ecco anche come una sintesi tra parola e visual rende più facile questo passaggio.
Essendo una fase sperimentale non si andrà sul mercato ma si verificherà l’efficacia all’interno dello stesso team di lavoro, indagano le diverse idee, migliorandole, riesaminandole e rifiutandole in base a quelli che erano i need emersi nelle fasi precedenti. Nulla vieta che ci si possa accorgere che tutte le idee proposte non
Vengono accettate e quindi si possa tornare indietro, alle fasi precedenti per creare delle nuove opzioni più efficaci.
v. Testare
La fase del test prevede che ci sia finalmente un prodotto completo, sintesi delle migliori soluzioni al problema, realizzato grazie ad un’efficace sessione di prototipazione.
Si torna quindi dagli utenti tester per chiedere loro che cosa ne pensano, se è in grado di soddisfare le loro esigenze, migliorare il modo in cui si sentono o pensano rispetto ad una certa attività (es. l’esperienza degli acquisti online).
Superata questa fase si passa finalmente alla sesta.
vi. Sviluppo
Il prodotto o servizio è finalmente pronto per essere commercializzato.
Le fasi non vanno viste come automatiche ma come un percorso che se vede una falla in un punto, anche quello finale, può comportare un ritorno alla fase precedente o addirittura alla numero uno.
Inoltre questo modello che abbiamo visto è un percorso standardizzato ma lo stesso design thinking può essere declinato in maniera diversa a seconda delle sfide che è chiamato a risolvere. Come detto ci sono diverse metodologie per creare delle sessioni efficaci. Stesso ambito ma con un processo distinto è, per esempio, il Design Sprint di Google, metodologia utilizzata soprattutto nei team di User Experience per arrivare ad una nuova soluzione in un certo periodo di tempo.