Quando frequentavo il quinto ginnasio non avrei mai potuto immaginare che molti anni dopo (secoli oserei dire) avrei scritto un post sul mio blog parlando dei Promessi Sposi. Questo fondamentalmente per due motivi. Il primo, scontato, era che i blog non esistevano, o meglio si parlava di siti web e non erano facilmente gestibili per tutti. E in secondo luogo perché non era stata esattamente la mia lettura preferita.
Durante questo lockdown obbligato a Milano, lontana da casa, ho pensato che però fosse il momento giusto di dare una seconda chance a quello che è uno dei classici più importanti della letteratura italiana. Edizione Bur, 800 pagine con illustrazioni a bozzetto veramente belle.
E da questo testo che ho letto per due mesi interrompendolo con altri libri (800 pagine tutte d’un fiato non è facile) penso di aver ricavato tre lezioni importantissime che secondo me vale la pena condividere.
Le descrizioni di Milano
La parte storica e descrittiva della Milano descritta dal Manzoni è davvero affascinante anche perché permette di tracciare un confronto tra quella che era la città nel 1600 raccontata da un uomo dell’Ottocento e letta nel Ventunesimo Secolo.
Nei viaggi di Renzo a Milano, Manzoni traccia proprio una mappa della città attraverso il Duomo, Porta Orientale (Porta Venezia) e le descrizioni vivide dei personaggi del tempo, che poi hanno dato il nome ad alcune delle vie più importanti del centro.
Si tratta di rileggere la nostra quotidianità con un’altra prospettiva.
Umorismo Manzoniano
Questo è qualcosa che non avevo minimamente colto a liceo e che invece emerge in tutte le pagine del libro. La parole, i dialoghi e le descrizioni: ne I Promessi Sposi c’è tanto umorismo sottile misto a citazioni colte e saggezza popolare.
Ad esempio il cugino di Renzo che si sente quasi lusingato della dicitura Baggiano con cui i Bergamaschi chiamavano gli abitanti di Milano. Piccole freddure di cui è disseminato il testo.
La speranza nella giustizia
Ne I Promessi Sposi la Provvidenza manzoniana vede tutto e, dopo i vari ostacoli da superare, tutto mette a posto. Forse è il messaggio di speranza più importante che in un periodo difficile si può avere. La fiducia che chi ha fatto bene possa ricavarne quello e chi ha fatto del male alla fine dovrà fare i conti con se stesso. C’è un ordine cosmico nella scrittura di Manzoni.
Pensiamo all’arrogante Don Rodrigo e alla sua cattiveria immotivata: non far sposare Renzo e Lucia per un capriccio, una scommessa fatta con altri borghesotti villani del paese. Manzoni complica la situazione con varie vicissitudini ma quando la risolve è implacabile. E fino alla fine ciò che mantiene Renzo saldo nella sua correttezza morale è solo la speranza nella giustizia, che prima o poi sarebbe arrivata.
Una pillola di positività lunga 800 pagine.
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