Per mesi questa rubrica mensile ha un po’ deviato dal suo tema principale aka i libri. Molto spesso nel corso del 2021 ho lasciato titoli a metà, sono stata distratta da volumi non così degni di nota e ho studiato altra roba per lavoro che lasciava aridità più che valore. E quindi alla fine era meglio parlare di serie tv o fumetti che non di libri che non mi avevano convinta. Anno nuovo, vita nuova. E l’anno si è aperto con un signor libro: La mia Grecia.
Da quando la pandemia ha reso più difficile viaggiare, ho iniziato a vedere più documentari su altre terre e anche libri che parlano di viaggio. Nella mia wishlist dell’anno c’è infatti “Giorni Selvaggi” dedicato al mondo del surf, in modo da prendere due desideri al prezzo di uno. In questo scenario, ben ci sta quindi leggere il racconto di Nikos Kazatzakis sulla sua terra.
Corre l’anno 1937 quando il giornale “Kathimerini” chiede al non ancora così celebre scrittore (avrebbe pubblicato Zorba il Greco nel 1946) di raccontare un suo viaggio di tre settimane nel Peloponneso. Quello che esce dalla penna di Nikos è una storia autentica, un ritratto fedele delle contraddizioni di un popolo che aveva ancora le sue radici nella grande cultura che aveva ospitato.
In Grecia la terra parla di storie antiche, leggende e anche soprattutto di umanità. I volti delle persone segnati da rughe di saggezza popolare e occhi pieni del cielo, del mare, di tazzine del caffè lette come presagi e bicchieri di resina bevuti. Leggere “La mia Grecia” è un viaggio nello spazio ma anche nel tempo, dove descrizioni di paesaggi si alternano a verità eterne.
“Il sanduri esige che pensi solo al sanduri!”
Non ho mai sentito esprimere in modo più perfetto e semplice l’essenza e la vertigine estatica dell’arte. Solo quando potrai liberarti dalla gabbia della necessità sentirai che cosa significa il canto, il grido puro e sincero dell’essere umano! Questo musicante straccione era arrivato seguendo il suo cuore, al culmine più alto dell’estetica.
Sicuramente un libro che consiglio a tutti di leggere anche solo in una domenica pomeriggio (è molto breve).
Sono riuscita poi a mantenere anche la promessa di leggere più romanzi moderni. Questa è stata la volta di “Un’amicizia” di Silvia Avallone. Le prime pagine non mi avevano preso particolarmente ma non appena si entra nel vivo della storia si rimane incuriositi, con la voglia di capire dove si stia andando a parare.
La storia di un’amicizia, appunto, sviscerata nel tempo analizzando due personalità così contrapposte tra loro al punto da essere a tratti inverosimile. A mio avviso sono due gli aspetti che, oltre all’ottima penna dell’autrice, ti spingono a leggerlo d’un fiato per arrivare alla fine.
L’uso della prima persona singolare narra con frenesia simulando il desiderio di liberarsi dal ricordo di questa storia e che finisce per tirarti dentro la sua rabbia-sofferenza. E poi il fatto che il personaggio descritto ricorda molto la storia dell’influencer per eccellenza e per noi, figli del nostro tempo, questo stratagemma funziona. Non so se faranno un film dal libro (potrei averlo letto da qualche parte) ma ci starebbe decisamente bene.
Tra i libri più belli letti questo mese c’è inaspettatamente “La sottile arte di fare quello che c*** ti pare” di Mark Manson. Ascoltato in audiolibro con forte titubanza, ha finito per conquistarmi. Non si tratta di un libro cinico e di critica del tutto, anzi. Una sottile chiamata alla riflessione e identificazione di quello che davvero conta per noi per imparare a lasciar perdere il resto. Nell’era della disattenzione, tutti lottano per la nostra concentrazione e anche per coinvolgerci in cose che in realtà per noi non contano tanto. In un mondo arrogante, imparare ad essere più forti è molto spesso l’unica soluzione. Ho già consigliato questo libro ad un paio di amici e attendo anche una loro opinione.
Come mi piace sempre ripetere, questa rubrica nasce dai consigli di lettura di Nick Hornby sul the Guardian, successivamente raccolti in volumi. “Shakespeare scriveva per soldi” rientra in questa categoria e devo dire che purtroppo non è brillante come il precedente. I libri consigliati non sono il massimo e per il 90% parla di calcio. Humour a volte sorprendente a volte inappropriato.
E dato che ho parlato per 700 parole di libri e voglio concludere questo post con qualcosa che mi è piaciuto (avrei dovuto parlare in questo momento di “La Mia Grecia” forse) ricado nelle serie tv. Perché durante le feste natalizie e i weekend mi sono dedicata molto a Netflix e Disney + (ho anche finito i Ferragnez in tipo un giorno) e posso dire che mi è piaciuta particolarmente la seconda stagione di Emily in Paris.
In un periodo di trame-già-viste questa è invece carina e fresca, anche se a tratti somigliante al bellissimo “Cenerentola a Parigi” di Audrey Hepburn. E poi anche qui, la possibilità di viaggiare almeno per immagini nell’attesa di riprendere a spostarsi a pieno regime.