Da qualche anno a questa parte ho sviluppato l’abitudine di comprare qualunque libro mi sembri vagamente interessante: nel momento stesso in cui una copertina mi colpisce prendo il volume tra le mani e lo inizio a sfogliare per analizzarlo. C’è da dire che ho gusti difficili! Un libro per piacermi deve avere un bel titolo, essere scritto in un certo modo, essere impaginato in un altro, affrontare un tema per me interessante e se poi è una firma che già conosco ha un bonus!
Questa alta selezione mi impedisce di spendere tutto il mio stipendio in libri ma solo buona parte. E ringrazio la tessera Feltrinelli per gli sconti.
Perché lo faccio? Perché qualche anno fa in un giro veloce pensavo di aver trovato il libro della vita e mi ero ripromessa di segnarlo nella mia wishlist per poi riacquistarlo. Puff! Appena uscita dalla Feltrinelli, nome autore e titoli spariti dalla mia memoria. Da allora sono in ipervigilanza e accumulo libri da leggere che poi al ritmo costante di circa uno a settimana (e non è facile leggere nei ritagli di tempo) smaltisco. A volte se sono lunghi ci vogliono più di due settimane ma in fondo anche la soddisfazione è in crescendo. Sperando che il libro sia bello, ovviamente.
Tra i libri accumulati ce n’era uno di Nick Hornby che rimandavo da mesi. Che dico, anni! Sono tutte storie mi era piaciuto subito perché piccolino, dalla copertina tenue, conteneva una collezione della rubrica di lettura che Nick Hornby ha tenuto per diversi anni sulle pagine del Believer, ripubblicata in Italia dall‘Internazionale.
Non so perché continuassi a rimandare questa lettura. Forse perché un paio di anni fa ho fatto una full immersion dello scrittore inglese partendo dal suo celebre Alta Fedeltà per finire con Come diventare buoni e avevo deciso di abbandonare per un po’ quella scrittura pop che tanto amo.
In questi giorni però ho ripreso in mano Sono tutte storie e l’ho letto tutto di un fiato e la cosa bella è che mi ha fatto sentire in buona compagnia. In primis perché anche Nick Hornby è un compratore compulsivo di libri che ordinatamente accumula e pian piano smaltisce. Ma soprattutto mi sono piaciuti i suoi voli pindarici tra libri, musica, film e serie tv.
Ah che rubrica interessante ho pensato leggendo quelle pagine e traendo qua e là qualche spunto di lettura. Quali? Beh ad esempio ho deciso che leggerò Montaigne, che già da tempo mi incuriosiva, ma non Charles Dickens. Neanche Nick Hornby è riuscito a consolarmi dalla tristezza di Canto di Natale: non mi sento pronta per Oliver Twist.
E così, un po’ per emulazione e un po’ per avere anche io uno spazio dove raccontare di quei libri, quelle canzoni e quei video che mi colpiscono ho pensato di scriverne qui, su questo sito nato per gioco. Tutti questi post saranno sotto la dicitura Diario di Bordo, perché in fondo le ispirazioni questo sono: delle tracce che ci guidano.
Semplicemente ho voglia di condividere quegli spunti che due- tre anime coraggiose avranno la pazienza di leggere. E magari questi lettori li farò arrabbiare perché non condivideranno le mie opinioni o magari farò venir loro voglia di leggere o ascoltare qualcosa. E forse la sera davanti ad un aperitivo con mascherina avremo qualcosa di meglio da raccontarci che non quanto abbiamo lavorato o siamo impegnati.
Per iniziare sicuramente vi consiglio di leggere Sono tutte storie di Nick Hornby per farvi due risate e poi Il tempo è un bastardo di Jennifer Egan. Libro interessante di circa un decennio fa che costruisce una storia unendo i puntini di diversi racconti e punti di vista. Flashback e salti in avanti vi faranno stare sempre attenti nella lettura. Ambientato intorno al mondo discografico offre un ritratto divertente del settore.
A proposito di musica, in questi giorni ho ascoltato due dischi nuovi. Iniziando dall’ultima fatica delle Haim, penso che sia il loro album migliore. Con quelle melodie incalzanti e pop che rimangono in testa a lungo, secondo me sarebbe divertente anche vederlo suonato dal vivo dato che loro sono delle vere e proprie regine del palcoscenico. Coronavirus permettendo.
Stamattina dopo colazione invece ho ascoltato 1990 di Achille Lauro, avendo visto la pubblicità su ogni spazio media che l’umanità ha inventato. Non so se definirlo un EP lungo o un album breve, contenendo 7 brani che riprendono motivi celebri come Blue degli Eiffel 65 o I wanna be an illusion. I suoni sono molto interessanti ed è stato un ascolto piacevole. La mia cover preferita è quella di Sweet Dreams featuring Annalisa. Vale davvero la pena ascoltarla.
Dopo tutto questo pop e glamour concludo questo primo post con una breve condivisione su The Politician. Ad oggi, tra i miei amici penso di essere l’unica a vedere questo telefilm che invece secondo me è fatto molto bene! Un po’ strano ma sempre interessante per domande etiche che pone. Ad esempio si riflette molto sulla corruzione e su quanto sia difficile essere donna in un contesto politico. Si tratta di un telefilm molto leggero e secondo me è adatto per un weekend pigro.
No, non occuperà nei nostri cuori il posto di Friends. E se per caso avete trovato un telefilm negli ultimi 5 anni (da quando è finito How I met Your Mother) degno di questo nome, vi prego di segnalarmelo.
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