Quando un fronte d’aria fredda incontra a terra una massa d’aria calda, quest’ultima si alza al cielo. Nascono i temporali. Pioggia e fulmini, acqua e fuoco. Non ho mai capito chi tra i due fosse il caldo e chi il freddo, ma mi ritengo fortunato di aver incontrato il mio fronte opposto in Claudia Fanelli, la spatriata, come qui chiamano gli incerti, gli irregolari, gli inclassificabili, a volte i balordi o gli orfani, oppure celibi, nubili, girovaghi e vagabondi, o forse, nel caso che ci riguarda, i liberati.
Questo è l’incipit di “Spatriati”, il libro che quest’anno ha vinto la 76esima edizione del Premio Strega. Un romanzo che ha la capacità di raccontare in maniera adeguata il ritratto dei giovani di questi anni e che affronta così tante tematiche scrivere un post blog al riguardo sarebbe riduttivo. Sin dalle prime parole si percepisce come questo sia un libro scomodo che vuole ritrarre la difficoltà di un’intera generazione molto spesso trascurata nei suoi bisogni in un Paese sempre troppo preso da altro.
Le vite dei protagonisti Francesco e Claudia si scontrano nella piccola Martina Franca e poi vanno avanti, si evolvono, rimangono o migrano come anime in cerca di un loro posto nel mondo. Il tutto senza mai perdere le proprie radici all’ombra degli olivi della Valle d’Itria, una terra amabile ma a volta arida. Gli spatriati sono quelli che appunto se ne vanno e i due protagonisti di questo romanzo di formazione vagano tra Puglia, Milano e Berlino cercando la propria terra. E cercando anche di definirsi ma scoprendo che molto spesso questo è impossibile sia se parti sia se rimani. Francesco e Claudia sono due mondi diversi animati da un forte sentimento che li lega, anche questo indefinibile. Entrambi, vicini anche quando distanti, scopriranno insieme che non si può mai andare via dalle proprie radici davvero senza graffi.
A Mario Desiati, autore pugliese classe ’77 il grande merito di non aver solo dato voce ai trentenni/quarantenni di oggi, così spesso messi a tacere, ma aver fatto risuonare il loro grido, fino a vincere uno dei premi di letteratura più importanti d’Italia. In un Paese che per troppo tempo si è messo le mani sulle orecchie ma non può più evitare di guardare il mondo reale.