Si è da poco conclusa l’edizione 2021 del Web Marketing Festival dove con un collega marketer ho presentato un intervento sullo storytelling in ambito tecnologico, focalizzato sul ruolo delle startup e dell’imprenditoria. Immagino che a breve ci condivideranno il link del video che aggiungerò sicuramente a questo post ma nel frattempo mi piaceva l’idea di estrapolare qualche concetto. Il bello di questo speech è stato che mi ha permesso di riordinare le idee su qualcosa che ormai applico in maniera automatica mentre è utile talvolta ricordarsi di scomporre i processi.
Già, perché fare storytelling è un processo che prevede delle azioni ben definite. Ma prima di parlare di questo, uno dei temi centrali della presentazione era proprio sul discorso della personificazione dei brand negli stessi CEO. Arrivando scherzosamente a definirli come i nuovi eroi (Rampini del resto parla degli startupper come delle nuove rockstar nel libro dedicato ai Beatles) e cercando perciò di dare una definizione di eroe, a partire da Odisseo e concentrandosi sul ruolo dell’essere e del narrare le gesta.
Lo storytelling, seppure dal punto di vista di un brand, presenta molte affinità con il classico viaggio dell’eroe (vedi foto principale) in tre atti ovvero situazione di partenza, rottura dell’equilibrio e rinascita. Del resto fare storytelling vuol dire proprio questo, raccontare una storia. Doveroso citare la definizione di Andrea Fontana nel libro Storytelling for dummies.
“Un racconto è raffigurazione, ispirazione, emozione e interpretazione di uno stato d’animo o dell’essere. Un insieme di informazioni significative, compresse, emozionanti che – con diversi stili testuali o visivi – si ricordano. Insomma, un racconto è sempre un ipercontenuto che ha una sua narrabilità e memorabilità”.
In quella parola, ipercontenuto, tutta la differenza rispetto allo sterile testo, quello che si limita a descrivere i fatti ma non è in grado di emozionare e quindi riuscire a creare un legame empatico tra chi racconta e chi ascolta. Anche il brand ha bisogno di far piangere, appassionare, venire i brividi o innamorare. E qui entrano in gioco una serie di tecniche che sicuramente possano aiutare a scomporre le azioni. In particolare:
- Scegliere un certo punto di vista per narrare una situazione;
- Mostrare il problema e quindi la tensione che genera;
- Innescare un’azione che possa essere risolutrice;
- Arrivare a un risultato finale che possa portare con sé una morale.
Non c’è una formula sempre valida ma sicuramente queste 4 caratteristiche ritornano in molte campagne di storytelling di oggi. Nel video sottostante, un esempio decisamente ben riuscito che riesce a mixare al meglio tutti e quattro gli ingredienti.