Viviamo nell’era della creatività: ne parliamo, la cerchiamo, la difendiamo a denti stretti e combattiamo per essa, come valenti Don Chisciotte che sanno riconoscere il valore delle cose importanti. Eppure se ci guardiamo intorno, la creatività sembra quasi essere diventata un argomento di discussione da aperitivo o un puro esercizio intellettivo fine a sé stesso.
Perché la verità è che forse questi ultimi anni sono tra quelli meno creativi di sempre, dove in diverse aree e settori si insegue quello che può essere disruptive (termine abusato e spesso frainteso) finendo a teorizzare ma non costruire mai qualcosa di eccezionalmente nuovo. Dov’è la next best thing?
Parliamo di musica, ad esempio, uno dei mercati che, già danneggiato dall’arrivo dello streaming (bye bye milioni di album venduti), si è poi inginocchiato per il blocco dei concerti per la pandemia. Eppure anche la qualità delle produzioni musicali non è più originale come una volta. Indie, pop, rap sono diventati tutti macrogeneri con alcuni musicisti che coordinano le linee guida e altri che seguono.
Forse c’è troppa standardizzazione e solo chi è fuori dal coro riesce a dire qualcosa di effettivamente nuovo? Penso a Sally Rooney, scrittrice inglese che nonostante la sua giovane età non ha i social media e, a parte i suoi libri scritti con un linguaggio moderno ma molto personale, non sappiamo molto altro di lei. Forse per essere la scrittrice rivelazione dell’anno, bisogna coltivarla la bravura e non lasciarsi coinvolgere dallo standard che la rete ci comunica. Del resto il modello boomerang con cui Ed Sheeran usa i social sembra confermarcelo: quando è in tour o deve lanciare un album appare ma quando deve creare nuova musica sparisce dal radar digitale.
Per quanto ne possiamo parlare, la creatività è un mistero che continua a sfuggirci. Anche se ci sono degli esercizi per esercitarla, poco ci permette di sapere come creare qualcosa di “creativamente buono”. Piccola ma sostanziale differenza. In Italia abbiamo poi la fortuna di avere una delle massime esperte in materia, Annamaria Testa, che con il suo blog Nuovoeutile cerca proprio di indagare questa magia umana.
Durante il Festival dell’internazionale del 2015 avevo assistito ad una sua intervista con il geniale Edwin Catmull, co-founder di Pixar ed ex presidente di Walt Disney, che aveva scritto un libro proprio su questo. Il suo punto di vista sull’argomento è sicuramente uno dei più rilevanti, e ricordo di aver sintetizzato il suo pensiero in 10 punti:
1. “Se avessimo saputo dove stavamo andando non l’avremmo chiamata ricerca” citando Einstein.
2. Processo creativoefficiente significa sbagliare molto e in fretta.
3. Nel processo creativo la libertà di esprimere le idee rende più produttivi.
4. Quando tutto il gruppo è focalizzato sul problema, funziona.
5. Cercare di preventivare problemi è comunque una forma per uccidere la creatività.
6. Se una persona vince, la squadra perde. Con equilibrio, tutti vincono.
7. Creatività è porsi sfide e cercare di risolverle.
8. La ricerca è molto importante per fare qualcosa di nuovo e per non ripetersi.
9. Different kind of direction: different vision.
10. Se ci sono tante idee intorno a un’idea, è quella buona. Perché è l’idea con passione.
Guardando ancora in America c’è un altro grande teorizzatore della creatività, che la vive più come esperienza individuale. Austin Kleon, blogger e autore di numerosi bestseller, ha costruito tutta la sua carriera su questo tema. I suoi libri si focalizzano su pratiche di creatività, molto spesso combinando la tradizionale carta o scrittura a mano con forme innovative. Interessante è la sua newsletter del venerdì dove raccoglie le 10 notizie più interessanti che ha letto/fatto in quella settimana. Ma alla base di tutto il suo pensiero c’è una sola formula che è anche il titolo di un suo libro: Ruba come un artista.
La sua teoria è che la creazione nasca da un miscuglio di pensieri, arti, immagini, appunti e quant’altro già esistente. Copiare un solo artista, per esempio, è plagio o scimmiottare, ma far propri stimoli diversi di altrettanti artisti e poi sintetizzarli in uno stile proprio è quello che fa l’arte moderna. E che secondo lui funziona.
Condivisibile o no di sicuro le influenze aiutano il processo creativo così come l’elaborazione di uno stile proprio. Ne è un esempio celebre Picasso che dalle forme convenzionali è poi arrivato al suo modo di pitturare unico e inconfondibile. Mi sembra bello concludere proprio con una sua frase
Mi disse mia madre quand’ero piccolo: Se diventi soldato, sarai generale. Se diventi monaco, finirai papa.” Ho voluto essere pittore e sono diventato Picasso».